“Durante le feste natalizie tutti noi mangiamo almeno una fetta di pandoro. Siete curiosi di scoprire le sue origini?”
Come il panettone, anche il pandoro in Italia è un must delle festività natalizie. Un’istituzione, ma anche un orgoglio nostrano: il padre è il pasticciere veronese Domenico Melegatti, che non solo ideò la ricetta e, il 14 ottobre 1884, depositò il relativo brevetto presso il Ministero di Agricoltura e Commercio del Regno d’Italia. Questo è noto un po’ a tutti; ci sono altre curiosità su questo dolce tradizionale, però, che in molti ignorano. Scopriamole insieme.
L’antenato del pandoro
L’avo del pandoro è il Nadalin, inventato per celebrare il primo Natale da reggenti degli Scaligeri, la cui signoria a Verona cominciò nel 1262 (per terminare nel 1387). Melegatti modificò l’impasto aumentando le dosi di uova, burro, lievito e diminuendo invece la quantità di zucchero. Inoltre eliminò la copertura di pinoli e mandorle. Il Nadalin, che viene tutt’ora prodotto sia pur solo artigianalmente, in sostanza è molto più basso e compatto del pandoro, nonché più dolce. Anch’esso ha la forma di stella, però meno definita
Perchè si chiama così
Circa le origini del nome, ci sono due versioni. Secondo alcuni, è un omaggio ai pani d’oro tipici della Repubblica di Venezia; altri sostengono, invece, che l’ispirazione arrivò da un garzone della pasticceria di Melegatti. Pare che il ragazzo, vedendo per la prima volta il dolce in questione, restò incantato dal colore dell’impasto ed esclamò: “l’è proprio un pan de oro!”. Sarà solo una leggenda?
Lo stampo per la forma inconfondibile
Il pandoro ha da sempre la forma che tutti conosciamo. Melegatti affidò il compito di creare uno stampo ad hoc al pittore impressionista Angelo Dall’Oca Bianca, che ebbe l’idea di realizzare una sorta di piramide tronca con sezione a otto punte.
La sfida delle 1.000 lire
Domenico Melegatti era sicuro del fatto suo: arrivò a lanciare una sfida, promettendo 1.000 lire (una cifra enorme, per quei tempi) a chi sarebbe riuscito a riprodurre la ricetta originale del pandoro. Non ci riuscì nessuno, e quel denaro rimase nelle sue tasche.
Perché si mangia con le mani
L’indicazione arriva dal Galateo: il pandoro, così come il panettone, si mangia con le mani. A meno che non ci siano creme di accompagnamento. All’origine di questa regola c’è una motivazione religiosa: questi dolci natalizi rappresentano il Pane di vita, per cui non vanno toccati col metallo delle posate.
Vince il pandoro o il panettone?
Ogni anno vengono realizzati diversi sondaggi relativi al consumo dei due celebri dolci natalizi. Ebbene, puntualmente i numeri più alti coincidono col panettone. Non si tratta, però, di una differenza eclatante. Le analisi sono ormai numerose, ma ragionando in termini di percentuale possiamo dire che in media il 60% degli italiani predilige il panettone e il 40% il pandoro.
Come riconoscere un ottimo pandoro
Il pandoro di alta qualità presenta caratteristiche ben precise. Innanzi tutto le cosiddette coste sono nette e perfettamente definite; in secondo luogo, la superficie è asciutta, priva di crosta e dal colore uniforme. La base non è scura. E ancora, al taglio il pandoro risulta di un giallo dorato, quasi brillante, mentre l’alveolatura è piccola e omogenea (segno che la lievitazione non è stata eccessiva). Il profumo non deve essere troppo intenso, altrimenti significa che sono stati aggiunti aromi. All’assaggio, è importante che si percepiscano chiaramente il sapore del burro e della vaniglia.
Quando mettere lo zucchero a velo
Ammettiamolo: praticamente tutti abbiamo l’abitudine di spolverizzare il pandoro con zucchero a velo poco prima di mangiarlo. Invece, sarebbe opportuno effettuare questa operazione con qualche ora di anticipo, affinché il pandoro assorba l’aroma dell’ingrediente finale.